Lettera alla mia Coscienza Artistica

Carissima,

ti scrivo per far chiarezza su alcuni aspetti di Coerenza.

Ci eravamo promessi che avremmo fatto del tutto per evitare di cercare, o ricercare, studi e conoscenze di grandi autori, per non cadere nella voragine e nelle sabbie mobili che portano all’imitazione, al “già visto” e al “già detto”.

Eppure ieri sono caduto nella tentazione, come Ulisse con le Sirene.

Sono rimasto, inaspettatamente, folgorato dalla locandina di un seminario di fotografia, dedicato a “Duane Michals“, in cui si ritraeva una sua opera: “THE ILLUMINATED MAN“.

Mi sono quindi iscritto al seminario e alla associazione ed ora, non lo nego, mi sento addosso la paura di contaminare la mia «ignoranza d’autodidatta».

Ma tu sai bene il perché di questo passo: cerco risposte sul «Filo d’Arianna».

Per alcuni aspetti siamo molto distanti, io e Michals: la mia ricercata assenza di scene preparate, uno stile più incline alla naturalezza di una fotografia spontanea senza allestimenti; mi catturano poco gli scenari urbani e i ritratti, preferendo di gran lunga la natura, con i suoi animali e le sue piante.

Ma, per altri aspetti, siamo molto in sintonia: la convinzione che la fotografia debba trascendere, la ricerca dell’ironia, di accostamenti inconsueti e degli istanti che precedono o seguono il momento decisivo.

Tra tutti questi punti di contatto, uno in particolare mi ha spinto a conoscerlo: un aspetto che oggi, ai tempi dei SocialMedia, viene concepito banalmente naturale, e che, se per Duane Michals è stato un motivo di distinzione, per me è causa di frustrazione e motore di continua ricerca concettuale: la narrazione a margine della fotografia, quello che io chiamo «Filo d’Arianna».

Cercavo una risposta, un’interpretazione, ma ancora una volta non mi sembra di averla trovata.

Michals abbraccia la corrente artistica “Narrative Art”, ed io?

Io rimango dov’ero con il dubbio che, in ogni momento, la didascalia possa essere considerata una manifestazione del limite della mia fotografia, lì a testimoniare la perdita della sua immediata comunicazione, o, ancor peggio, una debolezza del fotografo scaturita della paura di non essere compreso.

Carissima con questo mi congedo.

Ho l’impressione che ci siamo impantanati a mezza via, tra Poesia e Fotografia.

Un saluto, a presto!

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