Noi non siamo come loro

Devo ammetterlo, ho commesso una leggerezza: ho pensato di poter fare a meno del «Filo d’Arianna». Una leggerezza che mi è costata non poco, ma mi sono comunque voluto mettere alla prova e ho voluto mettere alla prova il mio pubblico, lasciandolo libero di scegliere la strada verso il «mio profondo me».

Ora mi ritrovo qui, come un comico, che grottescamente spiega la battuta che non ha fatto ridere.

D’altra parte me lo dovevo aspettare: in un’epoca in cui siamo sommersi da tonnellate e tonnellate di Terabyte di immagini, siamo sempre meno in grado, per la frenesia, di coglierne i colori e sapori, abituati a “cibarci” incessantemente di stereotipi e luoghi comuni.

La paura di non riuscire a distinguere il Pensiero dalla Casualità, è presente tanto nell’autore che scrive quanto nel pubblico che legge; quest’ultimo spesso preferisce la strada più snella dell’alibi dell’incomprensione, rispetto a quella meno agevole – presupposto per l’esprimere un giudizio – di prendersi del tempo per chiedersi ed interrogarsi su “cosa mi sta dicendo?”, “cosa vuole dirmi?”

Piano piano, il tema che mi è stato chiesto di rappresentare – Noi non siamo come loro – si è delineato in me ed è mutato sempre più in «Io non sono come loro»; a maggior ragione ora che so di essere tra i partecipanti non vincitori.

Da una parte, questo stato mi inorgoglisce e ripeto tra me e me «Io non sono come loro, Io non sono come loro, Io non sono come loro…», ma dall’altra ne soffro, soffro la solitudine dell’incomprensione.

Incoraggiandomi ad andare avanti in questo percorso artistico, qualcuno mi ha detto schiettamente che scimmie e pesci non possono competere in una gara di nuoto, come non possono farlo gli elefanti e le rondini in una di volo.

Ultima digressione sull’argomento, e poi vi lascio all’interpretazione del mio progetto.

Dopo tanti anni, non escludo che questa mia sensibilità e attitudine alla riflessione sia il frutto, oltre che di una mia indole, anche di un’educazione scolastica ferrea impartita da una professoressa di italiano che non aveva pietà ad infliggere ferite così profonde che ancora ne porto i segni.

Di lei, ricordo in particolare il come ci chiedeva di contestualizzare l’autore oggetto dell’interrogazione, di calarlo nel suo tempo, nel suo ambiente socio-culturale e politico per poterne capire l’autentico messaggio artistico.

Oggi sembra non ci sia tempo per tutto questo, che non ci sia tempo per la Curiosità. Occorre, allo stesso momento, essere espliciti e sintetici: «LEGGETE QUI», «CLICCATE QUI PER MAGGIORI INFO». Questi ed altri sono messaggi che suonano come suppliche a dedicare del tempo per… per qualcosa; anche se c’è da dire, provocatoriamente, che SI LEGGE SEMPRE MENO e IL NUMERO DI SCRITTORI AUMENTA.

Divergenze

«Divergenze» è il nome di questa mia Opera fotografica, riprodotta a video a ciclo continuo, insieme alle altre non vincitrici, nella mostra fotografica presso la “Galleria del Carbone” a Ferrara.

Con la mia consueta visione da Fanciullino, ho interpretato il tema «Noi non siamo come Loro» partendo dalla considerazione che dalle Differenze nasce la Bellezza dell’Arcobaleno, frutto dell’unicità dei colori che lo compongono, e come per i colori dell’arcobaleno così le differenze diventano proprietà che ci rendono unici e distinguibili.

Aumento graduale della differenza, diverrà sostanzialmente il titolo della sequenza: «Divergenze».

«Divergenze» si compone di otto scene a carattere prevalentemente naturalistico.

Occorrono almeno tre letture per capirne il senso.

La prima è la lettura delle otto scene prese singolarmente da cui si evincono i soggetti che costituiranno il discorso:

  1. Semi di Girasole
  2. Fiore di Girasole
  3. Arnia
  4. Arnia
  5. Mano
  6. Mani
  7. Gregge
  8. Campo di Girasoli

La seconda è la lettura delle quattro coppie:

  1. Semi in un Vaso – Fiori nel fiore
  2. Desolati – Vitali
  3. Oziosi – Reattivi
  4. Omologati – Unici

Nelle scene facenti parte della stessa coppia, pur essendoci affinità di soggetto, viene rappresentata, con una classificazione dicotomica, la “differenza”, il distacco via via graduale, la “Divergenza”; il tutto favorito dal contrasto del bianco/nero e del colore, nelle prime tre scene, e da quello tra color pastello e colori saturi, nell’ultima. Il perché di questa frattura estetica? Un suggerimento interpretativo da usare nella terza lettura.

La terza ed ultima lettura, dunque è quella che mette a confronto le varie coppie tra loro, facendo notare come diverge il punto di vista, pur esprimendo lo stesso concetto. Dal mondo vegetale, passando per quello animale e poi umano, si arriva a quello concettuale: la visione dell’Intellettuale/Artista (anticonformista per definizione) che si distingue in una società che ci vorrebbe tutti uguali.

Da qui «Noi non siamo come loro».

«Divergenze», infine, inizia e si conclude con i Girasoli, e questo potrebbe indurre a considerarla un’opera circolare, se non fosse per questo “passeggiare aristotelico” che va dal basso verso l’alto: tra l’ultima e la prima scena il gradino è netto – «Io non sono come loro»

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