Sulla Bellezza

Pregiudizio, Diffidenza e Indifferenza sono Ostacoli alla Bellezza

Di recente ho partecipato ad un incontro religioso… e come incipit può sembrare un po’ forte.

Ora il pregiudizio collocherà il lettore in un bivio: scegliere se continuare a leggere e scoprire cosa ho da dire, o chiudere tutto ignorando ciò che verrà, nel nome del laicismo.

Se scegliesse quest’ultima possibilità, me ne dispiacerei: il pregiudizio è un ostacolo alla bellezza, come lo sono la diffidenza e l’indifferenza.

Quando anche io ho un pregiudizio, cerco di affidarmi all’etimologia, per capire se l’ostacolo è reale o solo il frutto di un’errata interpretazione.

Religione, risulta probabilmente affine al termine latino «religare» che vuol dire legare: ma perché il pensiero successivo e pregiudizioso è quello di considerare questa legatura ossessionatamente stretta?

Perché non abbiamo lo stesso pregiudizio sui lacci delle scarpe, o sulla cinta dei pantaloni, sui bracciali e sulle collane?

In senso più ampio, tutto ciò che ci presenta e delinea un confine ci lega, ci rende appartenenti o all’opposto ci rende esclusi: una casa, un giardino, un bar, una chiesa… una famiglia, un’amicizia, un lavoro, una religione…

Sappiamo dove siamo collocati? Dove vogliamo stare e quali confini vogliamo mettere al nostro essere?

Il pregiudizio, per me, cade quando penso che un recinto è un confine anche se lo si guarda dall’esterno. Allora perché non creare un varco, una finestra, una porta con cui poter allargare gli orizzonti?

In merito a questo aspetto, dunque, ho l’opinione che, credente o meno, qualsiasi lettore sia ora in grado di intendere la religione come un elemento appartenente alla cultura di un popolo.

E per chi invece non l’avesse ancora compreso, chiedo di accettare, come giustificazione della mia presenza a quell’incontro, il semplice desiderio di soddisfare la voglia di sapere.

Altro aspetto, ostacolo alla Bellezza, è la diffidenza.

In verità, non lo nego, questi contesti di socializzazione che sono extra rispetto ad un incontro tra amici, mi fanno sentire un po’ fuori luogo, e questo sentimento di distacco molto spesso mi accompagna in circostanze come queste, soprattutto se, inconsapevolmente, si viene catapultati in dibattiti senza sapere in anticipo, nemmeno vagamente, l’argomento di cui si sarebbe stati chiamati a parlare.

Altro ostacolo, l’indifferenza: il peggior timore che ho nel presentarmi a questi incontri è il pensiero che possano esserci lunghi ed imbarazzanti silenzi.

Fortunatamente a tutto questo pone rimedio la mia spiccata curiosità, la sete di conoscenza e una sana dose di temeraria inconsapevolezza.

Veniamo invitati ad entrare nella sala dell’incontro e, al nostro arrivo, eravamo i primi.

In quella stanza, non molto lontano dalla chiesa e dalla sacrestia, un grosso, enorme tappeto sovrastava il pavimento.

Al centro del tappeto erano disposte ad ornamento, in maniera circolare a formare non so quale composizione, delle palline che dalla porta o dalle sedie sembravano somigliare a quelle caramelle fatte interamente di zucchero colorato.

Non ricordo se la stanza fosse quadrata o rettangolare, ma dalla parte opposta a dove mi trovavo, sul medesimo tappeto, erano disposti a semicerchio dei leggii sui quali si esponevano esempi del tema che, da lì a poco, si sarebbe trattato.

In fondo c’era una piccola scrivania sulla quale padroneggiava un ultimo leggio che dominava, dalla quell’altezza, il resto del “paesaggio” sopra descritto. Su di esso era esposto il ritratto di una “Madonna con il bambino”: l’immagine gradevole alla vista, ottenuta medianti tonalità tenui color pastello, prevalentemente giallo e azzurro, trasmetteva sicuramente calma e serenità.

In questo contesto estetico, da lì a poco, ci sarebbe stato richiesto di esprimerci in merito alla Bellezza.

Non è la prima volta che mi trovo a riflettere su questo tema nel mio percorso artistico.

Ora mi trovo difronte a questo grande monolite, difficile da scalere, che non ammette soste e di cui mi si chiede di parlare.

Sembra impossibile doverlo affrontare tutto in una volta.

Lo ammetto non è semplice poter dare una definizione sintetica sulla bellezza, anche perché, la bellezza, non si esaurisce nel definirla attraverso i cinque sensi, spesso essa va oltre, invadendo il campo, non solo della percezione, ma anche dell’irrazionale, dei sentimenti e della spiritualità.

Cos’è la Bellezza, dunque?

Ho bisogno di distinguere tra: Bellezza estetica (fisico, fenomenico), Bellezza morale (spirituale), e bellezza: luogo comune considerato tale, non per nostra volontà o percezione, ma come un dogma (faccio riferimento alla moda, al desiderio di bellezza irraggiungibile ed effimero nella pubblicità e veicolato dal marketing).

Con questo non escludo che, in alcuni casi, ciò che è di moda non sia da considerarsi bello, ma voglio sottolineare che non tutto quello che è di moda è bello.

Il mio percorso artistico mi ha portato molte volte all’analisi del tema della Bellezza e a riflettere sul legame tra bello estetico e bello morale: la Bellezza stupisce ed emoziona.

È bello ciò che ricade nelle prime due categorie, e se si potesse dare una definizione di bellezza, io la definirei come quell’elemento percettivo che suscita in noi un sentimento di stupore: quell’istante magico in cui l’elemento percettivo tocca la sfera intima dell’individuo suscitando commozione, ovvero inteso trasporto interiore originato da sentimenti positivi di partecipazione.

Lo stupore può rimanere fermo e focalizzato sul fisico/fenomenico, fine a se stesso, e sarà bello estetico, se invece, in qualche modo, riesce a penetrare nell’intimo e a farci sentire migliori, allora sarà bello morale.

Un’altra domanda interessante è: dove cercarla? dove trovarla?

È una questione di esercizio e di educazione allo stupore, una ricerca continua dell’inaspettata, dell’imprevedibile meraviglia, del desiderio di essere stupiti: con o senza questa predisposizione, questa sensibilità, la Bellezza può essere ovunque o da nessuna parte.

Anche in un oggetto, in un gesto, in una parola, anche se piccoli e quotidiani, si può racchiudere la Bellezza e assumere un grande valore estetico e morale: un portafortuna, un nuovo taglio di capelli, un santino, una preghiera, una carezza, un bacio, un complimento…

La bellezza così descritta, nulla ha a che fare con l’essere largamente accettata e condivisa.

«Ogni scarrafone è bell’ ‘a mamma soja», diceva una nota canzone, e non ha tutti i torti.

Le motivazioni possono essere più chiare se si entra nei legami intimi tra la persona che indica il bello e l’aspetto fenomenico: suoni, odori, ricordi, evocazioni entrano a far parte di quel che si afferma di essere bello…. si trascende!

Così, ahimè, la bellezza non riesco a ritrovarla nelle persone, se non in quelle che amo, o in ciò che le persone fanno; quest’ultimo sì che può stupire ed essere grandioso: le loro azioni, il loro mestiere, le loro mani.

Ma la bellezza che di gran lunga preferisco è nella Natura: sa sempre stupirmi con la sua fedeltà, la sua coerenza, la sua forza di organizzare elementi percettivi in armonia ed è grazie a questa forza che in lei ritrovo, non il Bello, ma il Sublime.

Mi trovo a confessarvi che queste riflessioni non sono solo artistiche, ma coinvolgono anche il mio aspetto intellettuale, fisico e spirituale, una ricerca continua di ciò che trascende il bello estetico per raggiungere un qualcosa di più profondo o alto, un concetto di Bellezza mistica, metafisica e morale.

Il Sublime cos’è, se non un’allegoria che scuote in positività l’intimità?

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